Politica Internazionale

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martedì 26 ottobre 2010

L'audace politica estera iraniana

L’ammisione di Karzai di ricevere fondi dall’Iran rivela, se ce ne fosse stato bisogno, la profonda instabilità politica, più ancora che militare della regione. La facilità con la quale è stato praticato questo “doppiogiochismo” la dice lunga sulla probabilità di un esito veloce del conflitto. Negli USA e nella NATO le impressioni sono di sconcerto, intanto nel teatro bellico-diplomatico più difficile al momento nel mondo, irrompe l’Iran, che con i suoi finanziamenti in moneta sonante, continua a tessere la sua tela di contatti internazionali tesa ad accreditarsi in quei paesi potenzialmente avversi all’azione americana. Ma questo fino ad ora, intrecciare relazioni diplomatiche con l’Afghanistan, seppure comprate, fa registrare un salto di qualità  nell’azione diplomatica di Teheran, significa sfidare apertamente, anche se non in campo militare, la superpotenza americana su di un terreno molto più accidentato e molto più ricco di sfumature ed implicazioni. La mossa è stata talmente inaspettata che si attendono ancora reazioni degne di questo nome da Washington. L’Afghanistan diventa così l’unico paese al mondo alleato sia degli USA che dell’Iran ed è difficile capire come saranno i comportamenti futuri della diplomazia di Karzai, infatti lo stato afghano non può ancora non dipendere dagli USA sia per la parte militare che per quella economica, ma pare anche, nel contempo, cercare nuove possibilità future, anche in ottica di pacificazione nazionale con la parte dei talebani i quali ricevono la gran parte dei finanziamenti proprio dall’Iran. E’ innegabile che la mossa di Ahmadinejad spariglia le carte sul tavolo del teatro afghano, ed è altrettanto innegabile l’acume e la bravura di chi l’ha pensata e messa in atto, adesso si attendono le contromisure americane, anche perchè intanto il regime teocratico ha ufficialmente caricato di uranio il reattore nucleare che dovrebbe essere messo in funzione nel 2011, agendo senza mostrare di temere le sanzioni più volte minacciate da USA ed UE.

lunedì 25 ottobre 2010

La Serbia candidata all'ingresso nella UE

La UE accetta di esaminare la candidatura della Serbia per l'ammissione all'unione, si tratta di un passo importante per entrambe le parti, per l'Unione l'ammissione della repubblica di Belgrado significa inserire nel suo "organico" un membro storicamente appartenente alla cultura europea di grande tradizione ed importanza strategica sia politica che economica ed anche militare; per la Serbia si tratta di entrare dalla porta principale in Europa con tutti gli annessi e connessi del caso sia politici ma sopratutto economici consistenti nei vantaggi della libera circolazione delle merci e l'accesso ai finanziamenti e contributi europei. Ma non tutti sono favorevoli, per ora, al nuovo membro, la tradizionale avversione dei Paesi Bassi e di una buona parte dell'opinione pubblica europea costituisce ancora un ostacolo di difficile aggiramento a causa degli strascichi della guerra balcanica sui quali non sono stati fatti grossi passi avanti; uno dei principali nodi della questione è la mancata estradizone del generale Mladic, considerato criminale di guerra, che trova senz'altro rifugio in patria, ciò è connesso con l'accusa, per Belgrado, di scarsa collaborazione per i fatti dell'ex Yugoslavia con il Tribunale Penale Internazionale. La Serbia è sotto osservazione anche per i focolai estremisti e nazionalisti che si agitano nei suoi confini, occorre ricordare che nella UE, 22 stati su 27 riconoscono il Kosovo come indipendente mentre gli altri lo considerano come provincia autonoma serba, quindi il tema del Kosovo rischia di costituire motivo di attrito tra gli stessi membri dell'unione e tra i membri che lo riconoscono indipendente e la stessa Serbia. D'altro canto è vero che numerose industrie appartenenti alla UE sono presenti in Serbia (tra cui la Fiat) ed avrebbero convenienza a velocizzare la circolazione delle merci. Il processo di integrazione sarà senz'altro lento, troppe sono le variabili politiche ed economiche da affrontare nel negoziato, necessariamente le parti dovranno cedere qualcosa, anche se sarà la Serbia a dovere fare le maggiori concessioni. 

venerdì 22 ottobre 2010

La UE investe in Sud America

La UE finanzierà lancia un fondo finanziario in Uruguay per la costruzione di infrastrutture per l'America latina, l'investimento serve per dotare e migliorare le regioni più interne del continente sudamericano del sistema di collegamenti viari, necessari per uno sviluppo economico autosufficiente. L'operazione avviene è in un contesto dove la povertà  è endemica nonostante le grandi risorse presenti, non è un'investimento a fondo perduto o esclusivamente sociale, sebbene le implicazioni siano anche dare una prospettiva ai popoli di quelle zone periferiche, ma anche e probabilmente sopratutto un investimento che prevede un ritorno per l'economia europea, tramite l'attività di industrie ed aziende dell'Unione Europea. Siamo in un ambito territoriale di grandi potenzialità per le risorse naturali presenti e che ha iniziato a  registrare uno sviluppo sociale consistente ma non ancora compiuto, le possibilità di espansione di un mercato interno redditizio per la produzione in loco si sposano con i possibili ritorni sia per lo sfruttamento delle materie prime che per nuovi sbocchi dove convogliare la produzione delle aziende europee. L'investimento si muove, quindi, in un terreno alternativo dove il dragone cinese non ha ancora radicato i suoi artigli in maniera consistente, in questo quadro la mossa dell'Unione Europea è densa di significati perchè operata in un'ottica di unità di intenti lodevole, che lascia ben sperare, perlomeno nella programmazione degli investimenti, è auspicabile allargare questa unità per ottenere ancora più risultati in ambiti di più pressante risoluzione