Politica Internazionale

Politica Internazionale

Cerca nel blog

martedì 13 ottobre 2015

Gli inaffidabili alleati degli USA nella questione mediorientale

Circa gli equilibri mondiali, che si stanno sviluppando, soprattutto nell’area mediorientale, sempre più al centro dell’attenzione mondiale, gli Stati Uniti devono compiere opportune riflessioni per non restare invischiati in un processo evolutivo che vada in direzione negativa della situazione, che ne può compromettere il ruolo internazionale. Il primo interrogativo è dato dal rapporto e dal grado di affidabilità degli alleati nella regione. Il caso turco è emblematico: il modo di governare di Erdogan si avvicina sempre di più ad un regime illiberale, privando progressivamente il paese dei diritti civili ed interpreta i motivi della lotta al terrorismo per i suoi fini. Secondo il presidente della Turchia, che mira ad instaurare una repubblica presidenziale dove egli stesso deve ricoprire questa carica, il principale fattore di aggregazione contro l’opposizione politica è la lotta contro i tentativi del popolo curdo di emanciparsi, almeno in una forma federale pur sempre all’interno dello stato curdo. La nascita di un partito moderato, non più solo di matrice curda, ma aperto alle esigenze di una consistente parte sociale proprio di origine turca, che appare preoccupata della svolta autoritaria presa da Erdogan. Questo fattore ha verosimilmente provocato gli attentati di cui i giovani dimostranti pacifici sono stati vittima, già in due occasioni ed ha coinciso con l’offensiva militare portata avanti da Ankara contro le postazioni combattenti curde in lotta con lo Stato islamico, la politica interna e quella estera si sono così mescolate diventando un pericoloso fattore in grado di non assicurare più la reale convenienza di una alleanza particolarmente stretta tra Washington ed Ankara. Del resto l’Unione Europea quando non ammise la Turchia al suo interno, aveva vagliato una situazione già grave sui diritti civili, che al momento appare ancora peggiorata. Pubblicamente Washington ha tenuto e sta tenendo un basso profilo, che non chiarisce all’opinione pubblica mondiale quali siano le reali intenzioni con la Turchia; la stessa cosa si può dire dei rapporti tenuti con Arabia Saudita ed Israele. Il regno saudita, che sta attraversando un momento di equilibrio precario nelle proprie istituzioni, si contraddistingue per una applicazione feroce di una visione della legge islamica, attraverso la completa negazione dei diritti con metodi particolarmente violenti: certo i sauditi sono il principale produttore di petrolio ed il ruolo regolatorio del mercato mondiale del greggio che ricoprono, spesso su suggerimento statunitense, gli autorizza un comportamento al proprio interno, non criticabile dagli USA, tuttavia la sconvenienza di un alleato simile appare sempre più chiara, se si considera che proprio i sauditi, insieme ai turchi, sono stati alla base della nascita del califfato, che dicono di combattere, ma soltanto con operazioni di facciata, permettendo, poi praticamente la permanenza dello Stato islamico sui territori occupati. Il terzo alleato scomodo è Israele, nei confronti del quale la Casa Bianca non è riuscita ad imporre la linea dei due stati che poteva permettere di risolvere la questione con i palestinesi. Il governo di Tel Aviv, al contrario, sembra cercare di trarre vantaggio dalla situazione di assoluto disordine della regione, per sottrarre territori ai palestinesi, incurante di aprire un ulteriore fronte nella zona più problematica del pianeta. Se è vero che gli USA sono alleati con questi paesi, la fragilità del legame fa apparire solo il paese statunitense, proprio nella gestione della crisi regionale in generale, e di quella siriana e della lotta allo Stato islamico in particolare. Il decisionismo della Russia, ha messo in grossa difficoltà le strategie americane, che possono contare sull’aiuto sincero dei soli curdi irakeni, per altro sempre meno disposti bene a causa del trattamento che gli Stati Uniti hanno permesso ai turchi nei confronti dei curdi della Turchia e di quelli siriani. Riguardo allo Stato islamico emerge sempre di più, come la sua esistenza sia strumentale a tanti interessi, che ne rendono il combattimento, almeno per ora, solo un obiettivo degli americani, nel quadro generale della lotta al terrorismo e dei curdi, per la loro sopravvivenza. La presenza del califfato permette i raid turchi contro i curdi, la lotta dei sauditi e degli stessi turchi contro Assad, ma anche il contrario, cioè giustifica la presenza di Assad come un attore nel contenimento dello Stato islamico e quindi il ruolo di Russia ed Iran al fianco di Damasco, anche nella repressione delle formazioni laiche che si oppongono al dittatore siriano. In questo momento Washington appare come perdente non solo sullo scacchiere siriano, ma in generale in tutto lo scenario mediorientale, con gli irakeni, dove gli sciti sono al governo, che si starebbero avvicinando pericolosamente alle posizioni di Mosca e di Teheran pur di debellare la presenza del califfato dal loro territorio. La sensazione di sconfitta che aleggia sulla politica estera degli Stati Uniti nella regione, dipende certamente da scelte sbagliate dall’amministrazione Obama e dalla conseguente gestione errata della questione, perchè troppo incerta, ma, in questa fase, appare più determinante la mancanza di sintonia con gli alleati storici della regione, troppo impegnati in obiettivi personali, spesso in contrasto con quelli di Washington. Gli USA, oltre a sopportare al loro fianco stati governati sempre più in maniera dispotica, fattore di profonda critica proveniente dagli alleati occidentali, non hanno più con questi paesi criteri comuni sui quali costruire una tattica generale e ciò comporta una oggettiva difficolta da parte della Casa Bianca per gestire la crisi mediorientale. Se Washington vuole arrivare ad una conclusione non troppo deludente forse è meglio che inizi ad attuare un atteggiamento più pragmatico e meno rigido verso Mosca, certamente con tutte le cautele del caso, anziché ostinarsi ad atteggiamenti di principio e rimanere troppo legata a partner dai quali non potrà trarre che vantaggi limitati. Ciò deve servire anche per il futuro, dato che i confini e le ragioni che determinano le alleanze, sopratutto con i paesi musulmani, sono sempre più incerti e quindi non assicurano uno sviluppo politico desiderato.

Nessun commento:

Posta un commento