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mercoledì 22 marzo 2017

I raid israeliani in Siria sono un messaggio per Mosca

I segnali di forte tensione tra Siria ed Israele rischiano di aggravare in maniera molto preoccupante la già difficile situazione dell’area medio orientale. La questione tra i due paesi si protrae da tempo, da quando, cioè l’Iran, maggiore alleato di Damasco, ha deciso di inviare materiale militare destinato sopratutto alle milizie Hezbollah, principale avversario israeliano dal lato libanese. Se gli episodi di contrasto stanno avvenendo tra le forze militari siriane e quelle israeliane, in realtà il vero obiettivo di Tel Aviv è Teheran, che agisce dietro la Siria. In questa ultima fase della vicenda Israele aveva, ancora una volta passato i confini siriani, in violazione del diritto internazionale, per bombardare con i suoi aerei un convoglio di armi, che pare era destinato proprio ad Hezbollah, nella zona di Palmira. Secondo la Siria la contraerea di Damasco avrebbe abbattuto un aereo israeliano, fatto smentito da Tel Aviv. Il fatto rilevante è che Israele mantiene solitamente un assoluto riserbo sulle proprie operazioni militari, mentre ora ha reso pubblica la risposta attivata per fermare i missili siriani, tramite l’utilizzo del nuovo sistema anti missile, sviluppato con gli Stati Uniti. Il destinatario di questo messaggio, in realtà non sembra essere ne la Siria e neppure l’Iran, ma la Russia, che, da quando opera a fianco di Assad, ha scelto le milizie di Hezbollah come alleati nel conflitto siriano. Non si esclude che questa risposta sia stata confezionata appositamente per il Cremlino, dopo che nel vertice tra Putin e Netanyahu, gli israeliani non avevano ricevuto le rassicurazioni necessarie. Il timore di Israele è che la vicinanza tra russi ed Hezbollah possa favorire una attività delle milizie islamiche al confine con lo stato ebraico, con possibili azioni di sconfinamento proprio nel territorio di Israele. Quindi, nonostante i  buoni rapporti tra Mosca e Tel Aviv, molto vicine su altre questioni internazionali, per Israele la difesa della sicurezza nazionale risulta essere prioritaria rispetto a qualsiasi altra ragione. Questi sviluppi rischiano di portare dentro la situazione siriana un elemento nuovo che può produrre una consistente alterazione degli equilibri, sopratutto se si considera il potenziale coinvolgimento, al fianco di Israele, degli Stati Uniti. Il presidente Trump si è detto già dalla  campagna elettorale vicino a Tel Aviv e favorevole ad una nuova impostazione del dialogo con Mosca, ma un confronto tra questi due attori dovrebbe assicurare il sostegno degli USA agli israeliani. Tuttavia ricomporre questa frattura dovrebbe essere più agevole di quanto sembri: Tel Aviv è abbastanza indifferente al futuro di Assad e difatti non ha mai preso una posizione contro Damasco, preferendo la dittatura al potere piuttosto che quella che considererebbe una deriva democratica in grado di portare il paese nel caos, come accaduto in molti paesi arabi dopo le cosiddette primavere arabe, o, peggio, l’instaurazione di un potere di matrice religiosa sui propri confini; quello che vuole Israele è essere sicura che Hezbollah sia il più inoffensiva possibile, per cui la Russia dovrebbe rinunciare o, almeno, ridimensionare la sua alleanza con la milizia islamica. Perchè ciò sia effettivo occorre però che il Cremlino sappia convincere l’Iran, paese a cui si è molto avvicinato dopo l’ingresso nel conflitto siriano. Non sembrano esserci dubbi sul fatto che  Teheran continui una azione sotterranea e non ufficiale contro Israele, cosa che, peraltro, avviene anche in senso contrario e l’alleanza con Mosca può essere sfruttata, nei pensieri degli ayatollah anche per questo scopo. Il rischio è che venga avviata una attività di logoramento di Israele potenzialmente molto pericolosa perchè in grado di degenerare e coinvolgere attori internazionali di grande peso specifico. Paradossalmente la presenza di Trump sembra possa avere maggiore possibilità di disinnescare  il problema per le relazioni, per adesso, più distese tra Washington e Mosca, cosa che con Obama non sarebbe stata garantita; tuttavia Israele non sembra disponibile a scendere a compromessi e l’unica strada per evitare incidenti pericolosi sembra essere un diverso atteggiamento di Mosca verso l’alleanza con Hezbollah: una definizione più veloce della questione siriana potrebbe aiutare anche ad una normalizzazione della vicenda ed un atteggiamento più disteso di Tel Aviv.

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