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lunedì 7 agosto 2017

La debolezza di Trump

La condanna del Cremlino verso le nuove sanzioni di Washington è ferma; Putin ha dichiarato che la Russia tutelerà i propri interessi, tuttavia per Mosca non sembra cambiare nulla, come ha affermato il portavoce del presidente russo. In realtà ciò non corrisponde proprio alla verità: per Mosca finisce l’illusione di portare gli Stati Uniti verso un avvicinamento alla Russia, nonostante gli sforzi, che, probabilmente, sono stati fatti durante la campagna elettorale statunitense. Al Cremlino si erano convinti che favorire la massima carica monocratica in una repubblica presidenziale, potesse bastare per avere una influenza sull’intero sistema americano; i russi, cioè, hanno ragionato come se gli USA avessero un funzionamento istituzionale come quello del proprio paese, senza tenere conto dell’esistenza dei sistemi di bilanciamento dei poteri, del tutto assenti in una democrazia non compiuta come quella della Russia. L’astio che si è prodotto a Mosca per questi risultati ha portato il premier Medvedev ad interrompere la regola non scritta della diplomazia russa, che impone di non intromettersi negli affari interni di paesi stranieri, ad accusare Trump di assoluta impotenza e di essere stato umiliato dal Congresso americano, al quale avrebbe ceduto il potere esecutivo in maniera implicita. Formalmente la Russia ha già compiuto la propria ritorsione, eliminando un numero eguale di lavoratori dell’ambasciata, pari a quelli espulsi da Obama e chiudendo una serie di immobili usati dai diplomatici americani; in realtà questa decisione potrebbe aprire ad un nuovo corso di tensione, nei rapporti tra i due paesi, nel quale potrebbe essere anche compresa l’esercitazione in Bielorussia, al confine dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica, dove saranno impegnati 100.000 militari di Mosca. Il maggiore sconfitto della vicenda non è però Putin, che pure subisce un grave disagio, sopratutto in rapporto a quanto investito per impedire l’elezione della Clinton, ma il presidente americano Trump, che vede un progressivo allontanamento da tutti gli obiettivi che si era posto in campagna elettorale, dove, in politica estera, la distensione con la Russia ne era il principale. L’inquilino della casa Bianca appare sempre più isolato, sopratutto all’interno di un partito, che non lo ha mai troppo sopportato e che se lo è visto imporre dal Tea Party e dalla parte minoritaria dei repubblicani, quelli più a destra della formazione politica. Trump stesso ha affermato di avere firmato le sanzioni in nome dell’unità del paese ed ha incolpato il Congresso per l’evoluzione negativa che ha preso il rapporto con la Russia, rivelando una debolezza politica evidente. Non è da escludere che il presidente americano non abbia voluto forzare i rapporti con il Congresso anche nel timore, che le nuove accuse per la questione dell’intromissione russa nelle elezioni, possa portare a conseguenze più gravi e concrete delle attuali. Si capisce come la figura di Trump esca sempre più indebolita dallo sviluppo della situazione internazionale e questo congiuntamente ad una discesa di popolarità interna, che sta avvenendo in maniera drastica. La domanda conseguente è quale autorevolezza abbia l’inquilino della Casa Bianca a guidare gli Stati Uniti, in momento storico così delicato. La risposta non è soltanto riferita ai possibili svantaggi, che gli USA potrebbero avere sul piano interno, ma anche relativamente agli equilibri mondiali, all'interno di uno scenario che presenta situazioni in continua evoluzione e con una moltitudine di attori differenti, caratterizzati da una potenza crescente in vari ambiti regionale. Probabilmente Trump non sarebbe stato adatto neppure a presiedere gli USA nella guerra fredda, con due soli soggetti contrapposti, ma ora la sua approssimazione e lo scarso seguito, sopratutto negli ambienti, politici, militari ed economici, che detengono effettivamente il potere, stanno portando il paese ad essere senza una guida certa e riconosciuta, fatto, che in una democrazia presidenziale rischia di avere ripercussioni istituzionali più gravi.      

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