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mercoledì 23 agosto 2017

La nuova metodologia del terrorismo islamico

Se si vuole analizzare l’attentato spagnolo di Barcellona, non si può prescindere dall’effettuare alcune considerazioni, che potrebbero risultare determinanti per prevenire nuovi attentati. Gli autori dell’atto terroristico, innazitutto, non sono componenti che non sono integrati nella società spagnola, al contrario, secondo diverse testimonianze, le caratteristiche degli attentatori non presentavano sostanziali analogie con gli estremisti provenienti dalle periferie francesi disagiate o dai quartieri ghetto del Belgio, dove i mussulmani sono confinati. Non provengono, cioè, da quelle zone dove il terreno di coltura del radicalismo appare favorevole, per la presenza di una esclusione sociale, che, spesso, sfocia anche nella frequentazione della malavita. In Catalogna queste caratteristiche non sono state riscontrate e si ci è trovati, così, di fronte ad un fenomeno sostanzialmente nuovo. Quello che appare è che la propaganda del terrorismo islamico voglia coinvolgere nuove platee di potenziali seguaci, andando a cercare di reclutare elementi integrati nelle società occidentali in cui vivono. Il primo vantaggio sarebbe quello, come accaduto in Spagna, di avere a disposizione elementi incensurati ed insospettabili, aumentando così la difficoltà per le forze di polizia di effettuare una prevenzione efficace; da ciò discende anche un maggiore raggio d’azione per i nuovi terroristi, che possono operare con maggiore libertà. Il secondo vantaggio è di operare il potenziale reclutamento all’interno di gruppi sociali che non prevedono azioni terroristiche dei loro membri e, quindi, non possono effettuare azioni di informazione verso le forze dell'ordine, preservando la preparazione degli attentati da fughe di notizie dalle comunità di provenienza. Questa strategia gioca principalmente sul fattore sorpresa  e la non permeabilità di queste cellule costituisce un fattore determinante. Se ciò è vero dal punto di vista strettamente militare è anche vero che è necessaria una preparazione teorica molto intensa e che richiede un grande lavoro di convincimento dei potenziali terroristi. Per fare ciò è necessario operare su persone di età più giovane rispetto ai radicali non integrati: infatti  l’età media degli attentatori di Barcellona è minore rispetto ad ogni altro attentatore europeo (non si deve considerare il fenomeno dei bambini kamikaze, presente, ad esempio, in Iraq, ma difficilmente replicabile in Europa). Per alcuni osservatori l’integrazione dei mussulmani della Catalogna, pur essendo avanzata, non sarebbe stata compiuta del tutto, tuttavia questa obiezione appare non sufficiente a giustificare l’abbandono della legalità in favore del terrorismo in persone totalmente insospettabili senza una pesante influenza esterna. Infatti  deve essere considerata la facilità ad operare dell’Imam   capace di indottrinare i terroristi e la sua libertà di movimento all’interno del gruppo sociale mussulmano della Catalogna. La sottovalutazione dell’operato di questo religioso estremista va ascritta sia al corpo sociale dove operava, che alle forze di polizia che non hanno inquadrato nella giusta misura la pericolosità della predicazione. Però non si può fare a meno di notare l’abilità dell’imam, che ha saputo ingannare i mussulmani catalani, mantenendo, probabilmente, un doppio atteggiamento. Si comprende però, come questo scenario rappresenti un livello maggiore e più raffinato della strategia dello Stato islamico e, di conseguenza, una maggiore difficoltà del lavoro di prevenzione delle forze dell’ordine. Un effetto ulteriore conseguito dallo Stato islamico con questa strategia è costituito dall’allontanamento della comunità mussulmana di provenienza dei terroristi con il resto della società civile catalana, rompendo un rapporto di fiducia che isola i mussulmani moderati a causa del sospetto di connivenze tutte da dimostrare ma possono essere percepite dagli spagnoli. Lo Stato islamico ottiene così un doppio risultato, oltre a quello tragico dell’atto terroristico: trovare forze nuove di più diffcile individuazione ed il discredito delle comunità mussulmane da cui provengono, generando una pericolosa spaccatura, che ha il solo scopo di isolare i mussulmani moderati per favorire la crescita del radicalismo al loro interno. Questa strategia rappresenta la sfida del califfato all’Europa ed alle stesse comunità mussulmane moderate, che devono diventare protagoniste nella lotta al terrorismo per impedire derive pericolose al loro interno. Per le polizie europee si tratta di allargare lo spettro della vigilanza preventiva e non concentrarsi più soltanto sugli ambienti degradati, ma iniziare a monitore con efficacia tutti gli ambienti mussulmani.

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