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martedì 5 settembre 2017

Alla Corea del Nord non arrivano le sanzioni adeguate

All’offensiva, seppure dimostrativa, nucleare della Corea del Nord, il resto del mondo sembra opporre una risposta diplomatica generale, ricalcando le reazioni che finora sonoseguite alle prove di forza di Pyongyang. Il timore di una guerra, atomica o no, si fa sempre più concreto ed è preferibile non seguire Kim Jong-un nelle sue provocazioni, tuttavia, perché la risposta mondiale ottenga i risultati che fino ad ora non ha conseguito, sarebbe necessaria una risposta univoca, che non sembra rientrare negli interessi di tutti i soggetti internazionali e specialmente in quelli più rilevanti. L’Europa si dimostrata insolitamente compatta nel condannare il test nucleare nordcoreano, ma, in questa vicenda il vecchio continente sta ai margini, perché non ha quella rilevanza geopolitica necessaria e rilevante da influenzare l’andamento dello scenario nella regione del Pacifico orientale. Anche l’importanza dell’ammonimento alla Corea del Nord, per la sua condotta irresponsabile, da parte del G7, ha una portata limitata e comunque non sufficiente a condizionare Pyongyang. Le posizioni degli USA sono risapute, anche perchè gli Stati Uniti sono indicati in maniera chiara, come un bersaglio da Kim Jong-un e la richiesta di sanzioni più dure, avvenuta nella sede del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, rappresenta una risposta che sta diventando una consuetudine. Se, però, la bozza di risoluzione che l’ambasciatrice americana starebbe preparando, dovesse trasformarsi in una risoluzione firmata anche da Cina e Russia, si avrebbe una conseguenza diplomatica rilevante. Resta sempre il rischio che il contenuto della risoluzione non si trasformi in conseguenze pratiche: nonostante le sanzioni la Corea del Nord ha potuto commerciare la sua produzione di carbone, ha potuto accedere alle forniture di petrolio, le transazioni finanziarie non sono state precluse e, come dimostrano i progressi nella dell’affidabilità tecnologica dei suoi armamenti, ha potuto reperire all’estero i mezzi necessari per progredire nelle’evoluzione dei suoi arsenali. Il nodo cruciale è quale sarà, da ora in poi, dopo cioè che il paese nordcoreanoè entrato nel club delle nazioni con la bomba ad idrogeno, l’atteggiamento che Mosca e, sopratutto Pechino vorranno realmente adottare nei confronti di Pyongyang. Il calendario segna due date importanti per la Corea del Nord: 9 settembre, anniversario della fondazione della nazione e 10 ottobre,  anniversario della nascita del Partito dei lavoratori; Kim Jong-un è solito festeggiare le ricorrenze con prove di forza eclatanti, che potrebbero includere nuovi test nucleari o il lancio di nuovi missili intercontinentali, fattori che innalzerebbero ulteriormente la tensione internazionale. La Russia, attraverso Putin, ha richiesto all’ONU di bloccare la valuta estera in possesso della Corea del Nord, di porre un embargo sulle forniture petrolifere e sull’esportazione di forza lavoro, che permette alla dittatura di reperire ingenti risorse finanziarie; la Cina si è limitata ancora a chiedere a Pyongyang di cessare azioni sbagliate. Il vero punto cruciale è proprio l’atteggiamento della Cina, che, probabilmente, non vuole essere in pubblico troppo rigida con la Corea del Nord. Il paese nordcoreano è funzionale come argine ad una possibile presenza americana ai suoi confini e questo fattore rappresenta, però, anche un aspetto di debolezza di Pechino nei confronti di Pyongyang. Una prova, secondo alcuni analisti, sarebbe che l’esperimento della bomba ad idrogeno sarebbe stato fatto coincidere con la riunione dei paesi non emergenti, proprio ospitata in Cina, per fare pressione sul governo della Repubblica Popolare Cinese. Se ciò è vero si aprono diversi scenari, che possono arrivare anche all’invasione cinese della Corea del Nord, per togliere il potere ad un personaggio, come Kim Jong-un, sempre più ingestibile. Al contrario è anche lecito supporre, che la Cina non usi argomenti di pressione più convincenti con Pyongyang, per mettere in difficoltà gli Stati Uniti guidati da un presidente non troppo all’altezza del suo compito. Se così fosse sarebbe una tattica molto spregiudicata e pericolosa, che potrebbe ottenere effetti indesiderati, il primo dei quali, il riarmo della Corea del Sud, si sta già verificando. Gli scenari possibili sono però molto numerosi, anche se quello maggiormente temuto da Seul, è quello più tragico: una esplosione atomica dell’intensità dell’ultimo test nordcoreano sulla capitale della Corea del Sud avrebbe un impatto su un agglomerato urbano di dieci milioni di persone, che sarebbe, inevitabilmente, distrutto.  

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