Politica Internazionale

Politica Internazionale

Cerca nel blog

mercoledì 31 gennaio 2018

La nuova strategia dello Stato islamico

La strategia globale dello Stato islamico per compensare la perdita della sovranità sui territori siriani ed irakeni si basa sul confronto all’interno del radicalismo islamico, per assumere una posizione di preminenza all’interno dei gruppi radicati nelle realtà nazionali. Se l’obiettivo in Afghanistan sono i talebani, in Palestina è l’organizzazione Hamas, ciò perchè lo Stato islamico intende portare avanti una battaglia al di fuori delle nazionalità per percorrere l’affermazione di un islamismo transnazionale, dove le rivendicazioni locali sono viste come un ostacolo  alla diffusione della guerra santa. Il fatto che sia i talebani che Hamas rientrino tra i sunniti (anche se i talebani di una corrente differente) non li sottrae ad una aperta ostilità delle forze del califfato, che cerca di estremizzare il confronto, anche in un’ottica di maggiore diffusione dei propri ideali attraverso l’indebolimento di quelle organizzazioni che possono potenzialmente sottrarre reclute ed investimenti. Diventa singolare che sia i talebani che Hamas, vengano accomunati agli sciiti ed ai cristiani, come obiettivi da combattere. Se lo Stato islamico dovesse continuare in questa strategia e riscuotre qualche successo, il pericolo di una destabilizzazione progressiva potrebbe farsi molto concreto; in questo quadro la dichiarazione di guerra ad Hamas contiene importanti risvolti che non devono essere assolutamente sottovalutati. Innazitutto lo Stato islamico sta cercando di insediarsi nel territorio della penisola del Sinai: si tratta di una zona strategica per attaccare Hamas, l’Egitto ed anche lo stesso Israele, che costituisce il bersaglio mediatico più rilevante. Non è da trascurare neppure la volontà di cercare di entrare in Egitto per fare proselitismo, in un paese che si avvia alle elezioni e dove il malcontento dei Fratelli musulmani potrebbe offrire una occasione per essere incanalato verso il terrorismo. Riguardo ad Hamas le critiche dello Stato islamico vertono anche con l’alleanza che l’organizzazione palestinese ha in corso con l’Iran ed Hezbollah, entrambi di matrice sciita. L’avvicinamento di Hamas, i cui componenti sono sunniti, agli sciiti è stata una mossa obbligata in quanto tutti e tre i soggetti hanno come nemico principale lo stato israeliano. Una delle conseguenze ed anche delle responsabilità di Tel Aviv e di Washington è stata proprio quella di spingere Hamas verso l’Iran, a causa della dissennata politica di espansione nei territori palestinesi, delle discriminazioni della popolazione della striscia di Gaza e, da ultimo, il riconoscimento  unilaterale di Gerusalemme come capitale dello stato ebraico ad opera degli Stati Uniti. Ciò ha contribuito al successo, anche se per ora limitato, dello Stato islamico tra i palestinesi, che vedono nel califfato una sorta di ultima occasione per combattere Israele in maniera efficace. Per ora a Tel Aviv non sembrano essere preoccupati dalla presenza dello Stato islamico a pochi chilometri dal territorio israeliano, infatti i timori maggiori riguardano sempre la presenza minacciosa di Hamas; questo particolare potrebbe vedere con favore, da parte israeliana, un aumento del confronto tra Stato islamico ed Hamas in ottica di ridimensionamento dell’organizzazione palestinese. Questo eventuale atteggiamento, sommato ad una sottovalutazione della presenza dello Stato islamico nel Sinai potrebbe rivelarsi molto pericoloso per gli equilibri regionali e la stessa sicurezza di Israele. Sulle altre possibili ragioni del confronto con Hamas, da parte del califfato, occorre ricordare che nella fase iniziale lo Stato islamico ha probabilmente ricevuto finanziamenti da diversi stati sunniti, che avevano come obiettivo quello di fare cadere il regime di Assad e destabilizzare la parte sunnita irakena, per la presenza a Bagadad di un governo espressione degli sciiti. Il pericolo che questa parte della storia si ripeta, anche visto il diverso atteggiamento della Casa Bianca, in funzione anti Iran e quindi contro gli alleati di Teheran è una possibilità da non scartare, dato che gli equilibri della regione non si sono affatto assestati nonostante la fine, o presunta tale, del conflitto siriano. Manovrare un gruppo come lo Stato islamico, formato da fanatici spesso votati al martirio, non sembra troppo difficile, più complicato sarebbe rimediare agli eventuali disastri provocati da un eventuale sostegno  al califfato.

The new strategy of the Islamic State

The global strategy of the Islamic State to compensate for the loss of sovereignty over Syrian and Iraqi territories is based on confrontation within Islamic radicalism, to assume a position of pre-eminence within groups rooted in national realities. If the aim in Afghanistan is the Taliban, in Palestine it is the Hamas organization, this because the Islamic State intends to carry on a battle outside the nationalities to follow the affirmation of a transnational Islamism, where the local claims are seen as an obstacle to the spread of the holy war. The fact that both the Taliban and Hamas are among the Sunnis (even if the Taliban of a different current) does not take them away from an open hostility of the caliphate forces, which tries to make the comparison more extreme, also with a view to spreading the their ideals through the weakening of those organizations that can potentially steal recruits and investments. It becomes singular that both the Taliban and Hamas, are united to the Shiites and Christians, as objectives to be fought. If the Islamic State were to continue in this strategy and win some success, the danger of progressive destabilization could be very concrete; in this context the declaration of war on Hamas contains important implications that must not be underestimated. First of all, the Islamic State is trying to settle in the territory of the Sinai Peninsula: it is a strategic area to attack Hamas, Egypt and even Israel itself, which is the most important media target. Nor is the will to try to enter Egypt to proselytize, in a country that is going to the elections and where the discontent of the Muslim Brotherhood could offer an opportunity to be channeled towards terrorism. Concerning Hamas, the criticism of the Islamic State also relates to the alliance that the Palestinian organization has underway with Iran and Hezbollah, both of them Shiite. The approach of Hamas, whose members are Sunni, to the Shiites has been a forced move since all three subjects have as main enemy the Israeli state. One of the consequences and also of the responsibilities of Tel Aviv and Washington was precisely to push Hamas to Iran, due to the senseless policy of expansion in the Palestinian territories, the discrimination of the population of the Gaza Strip and, lastly, the unilateral recognition of Jerusalem as the capital of the Jewish state by the United States. This contributed to the success, albeit limited for now, of the Islamic State among the Palestinians, who see in the caliphate a sort of last chance to fight Israel effectively. For now in Tel Aviv they do not seem to be worried by the presence of the Islamic State a few kilometers from the Israeli territory, in fact the greatest fears always concern the threatening presence of Hamas; this detail could see favorably, on the Israeli side, an increase in the confrontation between the Islamic State and Hamas with a view to downsizing the Palestinian organization. This eventual attitude, added to an underestimation of the presence of the Islamic State in Sinai could prove to be very dangerous for the regional balances and the security of Israel. On the other possible reasons of the confrontation with Hamas, by the caliphate, it should be remembered that in the initial phase the Islamic State has probably received funding from several Sunni states, which aimed to bring down the Assad regime and destabilize the Sunni part of Iraq , for the presence in Bagadad of a government expressing the Shiites. The danger that this part of history will repeat itself, even given the different attitude of the White House, in function against Iran and therefore against Teheran's allies is a possibility not to be discarded, given that the balance of the region has not settled at all despite the end, or presumed, of the Syrian conflict. Maneuvering a group like the Islamic State, made up of fanatics often devoted to martyrdom, does not seem too difficult, more complicated would be to remedy the possible disasters caused by a possible support to the caliphate.

La nueva estrategia del Estado Islámico

La estrategia general del Estado Islámico para compensar la pérdida de soberanía de los territorios iraquíes y sirios se basa en la comparación dentro del radicalismo islámico, para tomar una posición de liderazgo dentro de los grupos enraizados en la realidad nacional. Si el objetivo en Afganistán son los talibanes, en Palestina es la organización Hamas, porque lo que el estado islámico tiene la intención de continuar una batalla en el exterior de las nacionalidades a tomar la afirmación de un islamismo transnacional, cuando los créditos locales son vistos como un obstáculo para la propagación de la guerra santa. El hecho de que tanto los talibanes que Hamas se sitúan entre los sunitas (aunque los talibanes de una corriente diferente) no les resta a una abierta hostilidad de las fuerzas califato, que busca exagerar la comparación, también con vistas a una mayor difusión de las sus ideales a través del debilitamiento de aquellas organizaciones que potencialmente pueden robar reclutas e inversiones. Resulta singular que tanto los talibanes como Hamas estén unidos a los chiíes y a los cristianos como objetivos para luchar. Si el Estado Islámico continuara en esta estrategia y ganara algún éxito, el peligro de una desestabilización progresiva podría ser muy concreto; en este contexto, la declaración de guerra contra Hamas contiene implicaciones importantes que no deben subestimarse. En primer lugar, el Estado Islámico está tratando de establecerse en el territorio de la península del Sinaí: es un área estratégica para atacar a Hamas, Egipto e incluso al propio Israel, que es el objetivo mediático más importante. Tampoco es la voluntad de tratar de entrar en Egipto para hacer proselitismo, en un país que va a las elecciones y donde el descontento de la Hermandad Musulmana podría ofrecer una oportunidad para canalizarse hacia el terrorismo. Con respecto a Hamas, la crítica del Estado Islámico también se relaciona con la alianza que la organización palestina tiene en marcha con Irán y Hezbolá, ambos chiítas. El acercamiento de Hamas, cuyos miembros son suníes, a los chiítas ha sido un movimiento forzado ya que los tres sujetos tienen como principal enemigo al estado israelí. Una de las consecuencias y también de las responsabilidades de Tel Aviv y Washington fue precisamente empujar a Hamas hacia Irán, debido a la insensata política de expansión en los territorios palestinos, la discriminación de la población de la Franja de Gaza y, por último, la reconocimiento unilateral de Jerusalén como la capital del estado judío por los Estados Unidos. Esto ha contribuido al éxito, aunque limitado por ahora, del Estado Islámico entre los palestinos, que ven en el califato una especie de última oportunidad para luchar eficazmente contra Israel. Por ahora, en Tel Aviv no parecen estar preocupados por la presencia del Estado Islámico a pocos kilómetros del territorio israelí, de hecho, los mayores temores siempre se refieren a la presencia amenazante de Hamas; Este detalle podría ver favorablemente, en el lado israelí, un aumento en el enfrentamiento entre el Estado Islámico y Hamas con miras a reducir la organización palestina. Esta actitud eventual, sumada a una subestimación de la presencia del Estado Islámico en el Sinaí podría ser muy peligrosa para los equilibrios regionales y la seguridad de Israel. En las otras posibles razones para la confrontación con Hamas por el califato, cabe señalar que desde el principio el estado islámico ha recibido probablemente la financiación de varios estados suníes, que pretende reducir el régimen de Assad y desestabilizar la parte sunita de Irak , por la presencia en Bagadad de un gobierno que exprese a los chiítas. El peligro de que esta parte de la historia se repetirá, dada la diferente actitud de la Casa Blanca, un anti Irán y luego contra los aliados de Teherán es una oportunidad que no debe descartarse, ya que el saldo de la región no han sentado a pesar final, o presumiblemente, del conflicto sirio. Maniobrar a un grupo como el Estado Islámico, compuesto por fanáticos a menudo dedicados al martirio, no parece demasiado difícil, más complicado sería remediar los posibles desastres causados ​​por un posible apoyo al califato.

Die neue Strategie des Islamischen Staates

Die globale Strategie des Islamischen Staates, den Verlust der Souveränität über die syrischen und irakischen Territorien auszugleichen, basiert auf der Konfrontation innerhalb des islamischen Radikalismus, um eine Vorrangstellung innerhalb der in den nationalen Realitäten verankerten Gruppen einzunehmen. Wenn das Ziel in Afghanistan die Taliban sind, ist es in Palästina die Hamas-Organisation, weil der Islamische Staat einen Kampf außerhalb der Nationalitäten führen will, um der Bestätigung eines transnationalen Islamismus zu folgen, in dem die lokalen Ansprüche gesehen werden ein Hindernis für die Ausbreitung des Heiligen Krieges. Die Tatsache, dass sowohl die Taliban, dass die Hamas zwischen den Sunniten fallen (obwohl die Taliban von einem anderen Strom) nicht, sie in eine offene Feindschaft der Kalifat Kräfte abzuziehen, die den Vergleich zu übertreiben sucht, auch im Hinblick auf eine größere Verbreitung von ihre Ideale durch die Schwächung jener Organisationen, die Rekruten und Investitionen stehlen können. Es wird einzigartig, dass sowohl die Taliban als auch die Hamas mit den Schiiten und Christen als Ziele, die es zu bekämpfen gilt, vereint sind. Wenn der Islamische Staat diese Strategie fortsetzen und einige Erfolge erzielen würde, könnte die Gefahr einer fortschreitenden Destabilisierung sehr konkret sein; In diesem Zusammenhang enthält die Kriegserklärung an die Hamas wichtige nicht zu unterschätzende Auswirkungen. Zunächst versucht der Islamische Staat, sich auf dem Gebiet der Sinai-Halbinsel anzusiedeln: Es ist ein strategisches Gebiet, um die Hamas, Ägypten und sogar Israel selbst anzugreifen, welches das wichtigste Medienziel ist. Es ist auch nicht der Wille, in einem Land, das zu den Wahlen geht und in dem die Unzufriedenheit der Muslimbruderschaft eine Gelegenheit bieten könnte, sich dem Terrorismus zu bedienen, nach Ägypten zu missionieren. In Bezug auf die Hamas bezieht sich die Kritik am Islamischen Staat auch auf das Bündnis, das die palästinensische Organisation mit dem Iran und der Hisbollah, beide schiitisch, durchführt. Die Annäherung der Hamas, deren Mitglieder sunnitisch sind, an die Schiiten ist eine erzwungene Bewegung, da alle drei Untertanen den israelischen Staat als Hauptfeind haben. Eine der Konsequenzen und auch die Verantwortung von Tel Aviv und Washington war gerade, die Hamas in Richtung Iran zu drängen, aufgrund der sinnlosen Expansionspolitik in den palästinensischen Gebieten, der Diskriminierung der Bevölkerung des Gazastreifens und schließlich der einseitige Anerkennung Jerusalems als Hauptstadt des jüdischen Staates durch die Vereinigten Staaten. Dies trug zum - wenn auch begrenzten - Erfolg des islamischen Staates bei den Palästinensern bei, die im Kalifat eine Art letzte Chance sehen, Israel effektiv zu bekämpfen. Vorerst in Tel Aviv scheinen sie nicht beunruhigt zu sein von der Anwesenheit des Islamischen Staates ein paar Kilometer vom israelischen Territorium entfernt, in der Tat betreffen die größten Ängste immer die bedrohliche Präsenz der Hamas; Dieses Detail könnte auf israelischer Seite eine Zunahme der Konfrontation zwischen dem Islamischen Staat und der Hamas im Hinblick auf eine Verkleinerung der palästinensischen Organisation sehen. Diese letztendliche Haltung, die zu einer Unterschätzung der Präsenz des Islamischen Staates auf dem Sinai beigetragen hat, könnte sich als sehr gefährlich für das regionale Gleichgewicht und die Sicherheit Israels erweisen. Auf den anderen möglichen Gründen für die Konfrontation mit der Hamas vom Kalifat, sollte es, dass am frühen islamischen Staat zu beachten, wahrscheinlich Finanzierung von mehreren sunnitischen Staaten erhalten hat, der das Assad-Regime will zu Fall bringen und den sunnitischen Teil des Iraks destabilisieren für die Anwesenheit einer Regierung, die die Schiiten ausdrückt, in Bagadad. Die Gefahr, dass dieser Teil der Geschichte sich wiederholen wird, angesichts der unterschiedlichen Haltung des Weißen Hauses, einem Anti Iran und dann gegen Teherans Verbündeten ist eine Chance, nicht verworfen werden, da das Gleichgewicht der Region trotz gesetzt haben Ende oder vermutet, des syrischen Konflikts. Das Manövrieren einer Gruppe wie des Islamischen Staates, die sich aus Fanatikern zusammensetzt, die oft dem Martyrium gewidmet sind, erscheint nicht allzu schwierig, komplizierter wäre es, die möglichen Katastrophen zu beheben, die durch eine mögliche Unterstützung des Kalifats verursacht werden.

La nouvelle stratégie de l'État islamique

La stratégie globale de l'État islamique pour compenser la perte de la souveraineté des territoires irakiens et syriens est basé sur la comparaison dans le radicalisme islamique, de prendre une position de leader au sein des groupes ancrés dans la réalité nationale. Si l'objectif en Afghanistan sont les talibans, en Palestine est l'organisation du Hamas, parce que ce que l'Etat islamique a l'intention de poursuivre une bataille en dehors des nationalités de prendre l'affirmation d'une transnationale Islamisme, où les revendications locales sont considérées comme un obstacle à la propagation de la guerre sainte. Le fait que les talibans qui tombent Hamas entre les sunnites (bien que les talibans d'un autre courant) ne les soustrait pas à une hostilité ouverte des forces de califat, qui cherche à exagérer la comparaison, aussi en vue d'une plus grande diffusion de leurs idéaux à travers l'affaiblissement des organisations qui peuvent potentiellement voler des recrues et des investissements. Il devient singulier que les talibans et le Hamas soient unis aux chiites et aux chrétiens, en tant qu'objectifs à combattre. Si l'État islamique devait poursuivre cette stratégie et remporter un certain succès, le danger d'une déstabilisation progressive pourrait être très concret; Dans ce contexte, la déclaration de guerre au Hamas contient des implications importantes qui ne doivent pas être sous-estimées. Tout d'abord, l'Etat islamique tente de régler sur le territoire de la péninsule du Sinaï: il est une zone stratégique pour attaquer le Hamas, l'Egypte et même Israël lui-même, ce qui est le plus important cible des médias. Il est même pas négliger la volonté d'essayer d'entrer en Egypte pour faire du prosélytisme, dans un pays qui commence dans les élections et où les griefs des Frères musulmans pourraient offrir une chance d'être canalisée dans le terrorisme. Concernant le Hamas, la critique de l'Etat islamique concerne également l'alliance que l'organisation palestinienne a en cours avec l'Iran et le Hezbollah, tous deux chiites. L'approche du Hamas, dont les membres sont sunnites, vis-à-vis des chiites a été un mouvement forcé puisque les trois sujets ont comme ennemi principal l'Etat israélien. L'une des conséquences et aussi les responsabilités de Tel-Aviv et Washington a eu raison de pousser le Hamas vers l'Iran, en raison de la folle politique d'expansion dans les territoires palestiniens, la discrimination de la population de la bande de Gaza et, plus récemment, la reconnaissance unilatérale de Jérusalem comme capitale de l'État juif par les États-Unis. Cela a contribué au succès, bien que limité pour l'instant, de l'État islamique parmi les Palestiniens, qui voient dans le califat une sorte de dernière chance de combattre efficacement Israël. Pour l'instant à Tel-Aviv, ils ne semblent pas s'inquiéter de la présence de l'Etat islamique à quelques kilomètres du territoire israélien, en fait les plus grandes peurs concernent toujours la présence menaçante du Hamas; ce détail pourrait voir, du côté israélien, une augmentation de la confrontation entre l'État islamique et le Hamas en vue de réduire l'organisation palestinienne. Cette attitude éventuelle, ajoutée à une sous-estimation de la présence de l'État islamique au Sinaï, pourrait s'avérer très dangereuse pour les équilibres régionaux et la sécurité d'Israël. Sur les autres raisons possibles de la confrontation avec le Hamas par le califat, il convient de noter qu'au début de l'état islamique a probablement reçu un financement de plusieurs Etats sunnites, qui vise à faire tomber le régime Assad et déstabiliser la partie sunnite de l'Irak , pour la présence à Bagadad d'un gouvernement exprimant les chiites. Le danger que cette partie de l'histoire se répète, étant donné l'attitude différente de la Maison Blanche, un anti Iran et contre les alliés de Téhéran est une chance de ne pas être mis au rebut, car le reste de la région n'a pas assis malgré fin, ou présumé, du conflit syrien. Manoeuvrant un groupe comme l'état islamique, composé de fanatiques souvent voués au martyre, il ne serait pas l'air trop difficile, plus compliquée remédier aux éventuelles catastrophes causées par le soutien possible au califat.

A nova estratégia do Estado islâmico

A estratégia global do Estado islâmico para compensar a perda de soberania sobre territórios sírios e iraquianos baseia-se no confronto no radicalismo islâmico, para assumir uma posição de preeminência dentro de grupos enraizados nas realidades nacionais. Se o objetivo no Afeganistão é o Talibã, na Palestina é a organização do Hamas, porque o Estado islâmico pretende continuar uma batalha fora das nacionalidades para seguir a afirmação de um islamismo transnacional, onde as reivindicações locais são vistas como um obstáculo à propagação da guerra santa. O fato de que tanto o Talibã quanto o Hamas estão entre os sunitas (mesmo que os talibãs de uma corrente diferente) não os retirem de uma hostilidade aberta das forças do califado, o que tenta tornar a comparação mais extrema, também com vista a espalhar o seus ideais através do enfraquecimento das organizações que potencialmente podem roubar recrutas e investimentos. Torna-se singular que tanto o Talibã quanto o Hamas estão unidos aos xiitas e aos cristãos, como objetivos para lutar. Se o Estado islâmico continuasse nessa estratégia e ganhasse algum sucesso, o perigo de desestabilização progressiva poderia ser muito concreto; neste contexto, a declaração de guerra no Hamas contém importantes implicações que não devem ser subestimadas. Em primeiro lugar, o Estado islâmico está tentando se instalar no território da península do Sinai: é uma área estratégica para atacar o Hamas, o Egito e mesmo o próprio Israel, que é o alvo de mídia mais importante. Nem a vontade de tentar entrar no Egito para proselitismo, em um país que está indo às eleições e onde o descontentamento da Irmandade Muçulmana poderia oferecer uma oportunidade para ser canalizado para o terrorismo. Quanto ao Hamas, as críticas ao Estado islâmico também se relacionam com a aliança que a organização palestina iniciou com o Irã e o Hezbollah, ambos Shiite. A abordagem do Hamas, cujos membros são sunitas, para os xiitas tem sido um movimento forçado, uma vez que os três assuntos têm como principal inimigo o Estado israelense. Uma das conseqüências e também das responsabilidades de Tel Aviv e Washington foi precisamente empurrar o Hamas para o Irã, devido à política sem sentido de expansão nos territórios palestinos, à discriminação da população da Faixa de Gaza e, finalmente, à reconhecimento unilateral de Jerusalém como a capital do Estado judeu pelos Estados Unidos. Isso contribuiu para o sucesso, embora limitado por enquanto, do Estado islâmico entre os palestinos, que vêem no califado uma espécie de última chance de lutar contra Israel efetivamente. Por enquanto, em Tel Aviv, eles não parecem estar preocupados com a presença do Estado islâmico a poucos quilômetros do território israelense, de fato, os maiores temores sempre dizem respeito à presença ameaçadora do Hamas; Este detalhe poderia ver favoravelmente, do lado israelense, um aumento no confronto entre o Estado islâmico e o Hamas com o objetivo de reduzir o tamanho da organização palestina. Esta eventual atitude, somada a uma subestimação da presença do Estado islâmico no Sinai, pode revelar-se muito perigosa para os saldos regionais e para a segurança de Israel. Por outras razões possíveis do confronto com o Hamas, pelo califado, deve-se lembrar que, na fase inicial, o Estado islâmico provavelmente recebeu financiamento de vários estados sunitas, que visava derrubar o regime de Assad e desestabilizar a parte sunita do Iraque , pela presença em Bagadad de um governo que expressa os xiitas. O perigo de que essa parte da história se repita, mesmo dada a diferente atitude da Casa Branca, em função do Irã e, portanto, contra os aliados de Teerã é uma possibilidade de não ser descartada, dado que o equilíbrio da região não se instalou apesar da fim ou presumido do conflito sírio. Manobra um grupo como o Estado islâmico, formado por fanáticos, muitas vezes dedicados ao martírio, não parece muito difícil, mais complicado seria remediar os possíveis desastres causados ​​por um possível apoio ao califado.

Новая стратегия исламского государства

Глобальная стратегия исламского государства, направленная на компенсацию утраты суверенитета над сирийскими и иракскими территориями, основана на конфронтации в рамках исламского радикализма, чтобы взять на себя роль превосходства внутри групп, укорененных в национальных реалиях. Если целью в Афганистане является талибы, то в Палестине это организация ХАМАС, это потому, что Исламское государство намерено вести битву за пределами национальностей, чтобы следовать утверждению транснационального исламизма, где местные претензии рассматриваются как препятствие на пути распространения священной войны. Тот факт, что и «Талибан», и «ХАМАС» входят в число суннитов (даже если талибы другого течения) не отвлекают их от открытой враждебности сил халифата, которая пытается сделать сравнение более экстремальным, а также с целью распространения их идеалы через ослабление тех организаций, которые могут потенциально украсть новобранцев и инвестиций. Совершенно очевидно, что как «Талибан», так и «ХАМАС» объединяются с шиитами и христианами в качестве целей, с которыми нужно бороться. Если бы исламское государство продолжало эту стратегию и добилось определенных успехов, опасность постепенной дестабилизации могла бы быть весьма конкретной; в этом контексте объявление войны с ХАМАСа содержит важные последствия, которые нельзя недооценивать. Прежде всего, исламское государство пытается поселиться на территории Синайского полуострова: это стратегическая область для нападения на ХАМАС, Египет и даже сам Израиль, что является самой важной целью СМИ. Воля не пытается попытаться въехать в Египет для прозелитизма, в стране, которая собирается на выборы, и где недовольство Братьев-мусульман может дать возможность быть направленными на терроризм. Что касается ХАМАСа, то критика исламского государства также связана с союзом, который палестинская организация ведет с Ираном и «Хизбаллой», оба они - шииты. Подход ХАМАС, чьи члены являются суннитами, для шиитов был вынужденным шагом, поскольку все три субъекта имеют в качестве основного врага израильское государство. Одним из последствий, а также обязанностей Тель-Авива и Вашингтона было именно то, чтобы подтолкнуть ХАМАС к Ирану из-за бессмысленной политики расширения на палестинских территориях, дискриминации населения сектора Газа и, наконец, одностороннее признание Иерусалима столицей еврейского государства Соединенными Штатами. Это способствовало успеху, хотя и ограниченному в настоящее время, исламского государства среди палестинцев, которые видят в халифате своего рода последний шанс эффективно бороться с Израилем. Пока что в Тель-Авиве они, похоже, не беспокоятся о присутствии Исламского государства в нескольких километрах от израильской территории, на самом деле самые большие страхи всегда связаны с угрожающим присутствием ХАМАСа; эта деталь могла бы благоприятно отразиться на израильской стороне в увеличении конфронтации между исламским государством и ХАМАС с целью сокращения численности палестинской организации. Это возможное отношение, добавленное к недооценке присутствия исламского государства на Синае, может оказаться очень опасным для региональных балансов и безопасности Израиля. По другим возможным причинам конфронтации с ХАМАСом, халифатом, следует отметить, что на начальном этапе Исламское государство, вероятно, получало финансирование от нескольких суннитских государств, которые стремились сбить режим Асада и дестабилизировать суннитскую часть Ирака , за присутствие в Багададе правительства, выражающего шиитов. Опасность повторения этой части истории, даже при том, что она отличается от позиции Белого дома по отношению к Ирану и, следовательно, против союзников Тегерана, - это возможность не отбрасываться, учитывая, что баланс региона не урегулировался вообще, несмотря на то, что конец или предполагаемый, сирийского конфликта. Маневрирование такой группы, как исламское государство, состоящее из фанатиков, часто посвященных мученичеству, не кажется слишком сложным, более сложным было бы устранение возможных бедствий, вызванных возможной поддержкой халифата.

伊斯蘭國家的新戰略

伊斯蘭國家,以彌補伊拉克和敘利亞領土的主權喪失的總體戰略是基於伊斯蘭激進主義中的比較,採取植根於本國實際組內的領先地位。如果在阿富汗的目標是塔利班,在巴勒斯坦的哈馬斯組織,因為什麼伊斯蘭國家打算繼續國籍之外的戰鬥採取了跨國伊斯蘭主義,地方索賠被視為的肯定阻礙了聖戰的蔓延。 ,無論是塔利班,哈馬斯的遜尼派之間以期下降(儘管不同的電流的塔利班)不會將減去哈里發軍隊的公開的敵意,其目的是誇大的比較,還以更大的擴散事實他們的理想是通過削弱那些可能偷走新兵和投資的組織。塔利班和哈馬斯都與什葉派和基督徒團結起來,成為奇異的目標。如果伊斯蘭國要繼續這一戰略並取得一些成功,那麼逐步破壞穩定的危險可能非常具體;在這方面,對哈馬斯的戰爭宣言包含了不容低估的重要影響。首先,伊斯蘭國正試圖定居在西奈半島的領土上,這是攻擊哈馬斯,埃及乃至以色列這個最重要的媒體目標的戰略地區。在一個即將舉行選舉的國家,穆斯林兄弟會的不滿可能為恐怖主義提供機會,也不是試圖進入埃及進行改信的意願。關於哈馬斯,對伊斯蘭國的批評也涉及巴勒斯坦組織與伊朗和真主黨雙方什葉派的聯盟。哈馬斯成員遜尼派接近什葉派的做法是被迫的,因為這三個臣民都是以色列國家的主要敵人。特拉維夫和華盛頓的後果之一,也是責任,是對推動哈馬斯對伊朗,因為擴大在巴勒斯坦領土,加沙地帶的人口的歧視的瘋狂政策,以及最近的單方面承認耶路撒冷是美國的猶太國家的首都。這促成了伊斯蘭國在巴勒斯坦人中取得的成功,儘管這個國家在哈里發國家看來是最後一次有效地打擊以色列的機會。就目前在特拉維夫,他們似乎並不擔心距離以色列領土幾公里的伊斯蘭國家的存在,事實上,最大的恐懼總是與哈馬斯的威脅性存在有關。在以色列方面,這一細節可能會有利於伊斯蘭國和哈馬斯之間的對抗加劇,以期縮小巴勒斯坦組織的規模。這種最終的態度,加上低估西奈伊斯蘭國家的存在,可能對地區平衡和以色列的安全來說是非常危險的。在由哈里發與哈馬斯的對抗其他可能的原因,應該指出的是,早在伊斯蘭國家可能已經收到的資金從幾個遜尼派國家,誰旨在推翻阿薩德政權,破壞伊拉克的遜尼派部分,因為在巴加德的一個表示什葉派的政府的存在。那這段歷史會重演,給白宮,反伊朗的不同的態度則對伊朗的盟友的危險是有機會不被丟棄,因為該地區的平衡還沒有落座,儘管敘述敘利亞衝突的結果或推定。調動像伊斯蘭國家這樣一個由狂熱的狂熱分子組成的團體似乎並不難,而要解決可能的對哈里發的支持所造成的可能的災難更為複雜。

イスラム国家の新しい戦略

イラクとシリアの領土の主権の損失を補償するためにイスラム国家の全体的な戦略は、国家の現実に根ざしたグループ内でリーディングポジションを取るために、イスラム急進内の比較に基づいています。アフガニスタンでの目標は、タリバンの場合はイスラム国家は地元のクレームはと見られている国境を越えたイスラム教の確認を取るために国籍の外に戦いを継続する意向何ので、パレスチナではハマスの組織が、あります聖戦の普及の障害となる。 (異なる電流のタリバンがあるが)の比較を誇張しようカリフ軍のオープン敵意、それらを減算しませんタリバンの両方が、ハマスが大きいの拡散に眺めても、スンニ派の間に入るという事実潜在的な新入社員や投資を盗むことができ、これらの組織の弱体化を介して自分の理想。タリバンとハマスの両方が、戦いの目的として、シーア派とキリスト教徒に統一されていることは特異的になります。イスラム国家がこの戦略を継続し、ある程度の成功を収めれば、漸進的な不安定化の危険性は非常に具体的になる可能性がある。この文脈では、ハマスに関する宣言には、過小評価してはならない重要な意味が含まれています。まずイスラム国家のシナイ半島の領土に定住しようとしている:ハマス、エジプトとイスラエルにも自分自身を攻撃する戦略的な領域であり、最も重要なメディアの対象です。それも、選挙で始まり、どこムスリム同胞団の不満がテロにチャネリングする機会を提供するかもしれない国では、改宗するエジプトを入力しようとする意志を無視されていません。イスラム国家のハマス批判に関しては、彼らはまた、パレスチナの組織は、イランとヒズボラ、両方のシーア派のマトリックスで進めている提携に関するものです。スンニ派のメンバーであるハマスのシーア派へのアプローチは、3人の主体がイスラエル国家を主要敵としているため、強制的な動きであった。テルアビブとワシントンの結果の一つとも責任があるため、パレスチナ領土の拡大、ガザ地区の人口の差別の非常識な政策を、イランに向かってと、最近、ハマスをプッシュする正しかったです米国のユダヤ人国家の首都としてエルサレムの一方的な認識。これまでのところ限られたが、これは、成功に効果的にイスラエルと戦うための最後のチャンスの一種カリフを参照してくださいパレスチナ人、の間でイスラム国家に貢献しています。今のテルアビブで彼らは、イスラム国家イスラエルの領土から数キロの存在によって心配していないようです実際には、ハマスの脅迫的な存在について、常に主要な関心事。この詳細は、イスラエル側では、パレスチナ組織の小型化を目指して、イスラム国家とハマスの間の対立が増加することを好意的に見ることができた。シナイのイスラム国家の存在を過小評価と相まって、この可能態度は、地域のバランスとイスラエルの非常にセキュリティのために非常に危険である可能性があります。カリフによってハマスとの対決のための他の可能な理由で、初期のイスラム国家で、おそらくいくつかのスンニ派の州からの資金援助を受けていることに留意すべきで、アサド政権をダウンさせると、イラクのスンニ派の一部を不安定にすることを目指して誰シーア派を表現している政府のバガドの存在のために。地域のバランスをもかかわらず、装着していないので、歴史のこの部分は、ホワイトハウスの異なる姿勢を与え、反イランを自分自身を繰り返した後、テヘランの同盟国に対するだろうという危険性は、破棄されないチャンスですシリアの紛争の終結、または推定。多くの場合、殉教する運命に狂信者からなる、イスラム国家のようなグループを操縦、それはカリフに可能な支援によって引き起こされる可能性災害を解消う、より複雑な、あまりにも難しいようではありません。

الاستراتيجية الجديدة للدولة الإسلامية

وتستند الاستراتيجية العالمية للدولة الإسلامية للتعويض عن فقدان السيادة على الأراضي السورية والعراقية إلى المواجهة داخل الراديكالية الإسلامية، لتولي مكانة بارزة داخل جماعات متجذرة في الحقائق الوطنية. إذا كان الهدف في أفغانستان هو طالبان، في فلسطين هو منظمة حماس، وهذا لأن الدولة الإسلامية تعتزم مواصلة معركة خارج الجنسيات لمتابعة تأكيد الإسلاموية عبر الوطنية، حيث ينظر إلى المطالبات المحلية على أنها عقبة أمام انتشار الحرب المقدسة. حقيقة أن كلا من حركة طالبان أن حماس تقع بين أهل السنة (على الرغم من أن حركة طالبان من مختلف الحالي) لا طرح منهم إلى العداء السافر للقوات الخلافة، التي تسعى إلى المبالغة في المقارنة، وأيضا مع وجهة نظر في زيادة نشر ومثلها من خلال إضعاف المنظمات التي يمكن أن تسرق المجندين والاستثمارات. يصبح من المفرد أن كل من طالبان وحماس، متحدة للشيعة والمسيحيين، كأهداف يجب محاربتها. وإذا كان على الدولة الإسلامية أن تواصل هذه الاستراتيجية وتحقق بعض النجاح، فإن خطر زعزعة الاستقرار التدريجي يمكن أن يكون ملموسا جدا؛ وفي هذا السياق، يتضمن إعلان الحرب على حماس آثارا هامة يجب عدم التقليل من شأنها. أولا وقبل كل شيء، تحاول الدولة الإسلامية الاستقرار في أراضي شبه جزيرة سيناء: فهي منطقة استراتيجية للهجوم على حماس ومصر وحتى إسرائيل نفسها، التي تعد أهم هدف إعلامي. كما أن الإرادة في محاولة لدخول مصر إلى التبشير، في البلد الذي سيخوض الانتخابات، حيث يمكن أن يثير استياء جماعة الإخوان المسلمين فرصة لتوجيهها نحو الإرهاب. وفيما يتعلق بحماس، فإن انتقاد الدولة الإسلامية يتعلق أيضا بالتحالف الذي تقوم به المنظمة الفلسطينية مع إيران وحزب الله، وكلاهما شيعي. لقد كانت مقاربة حماس، التي يكون أعضائها من السنة، للشيعة تحركا قسريا لأن جميع الموضوعات الثلاثة هي العدو الرئيسي للدولة الإسرائيلية. وكان من عواقب ومسؤوليات تل أبيب وواشنطن على وجه التحديد دفع حماس نحو إيران، بسبب سياسة التوسع التي لا معنى لها في الأراضي الفلسطينية، والتمييز ضد سكان قطاع غزة، وأخيرا، والاعتراف من جانب واحد بالقدس عاصمة للدولة اليهودية من قبل الولايات المتحدة. وقد ساهم ذلك في نجاح الدولة الإسلامية، وإن كان محدودا حتى الآن، بين الفلسطينيين، الذين يرون في الخلافة فرصة أخيرة للقتال الإسرائيلي على نحو فعال. في الوقت الراهن في تل أبيب لا يبدو أنهم قلقون من وجود الدولة الإسلامية على بعد بضعة كيلومترات من الأراضي الإسرائيلية، في الواقع أكبر المخاوف دائما قلق التهديد وجود حماس. فإن هذه التفاصيل يمكن أن ترى بشكل إيجابي، على الجانب الإسرائيلي، زيادة في المواجهة بين تنظيم الدولة الإسلامية وحماس بهدف تقليص حجم التنظيم الفلسطيني. وهذا الموقف النهائي، إضافة إلى التقليل من شأن وجود تنظيم الدولة الإسلامية في سيناء يمكن أن يكون خطرا جدا على التوازنات الإقليمية وأمن إسرائيل. على الأسباب الأخرى المحتملة للمواجهة مع حماس قبل الخلافة، وتجدر الإشارة إلى أن في وقت مبكر على دولة إسلامية تلقت ربما التمويل من عدة دول سنية، الذي يهدف إلى إسقاط نظام الأسد وزعزعة استقرار الجزء السني في العراق ، لوجود حكومة في بغداد تعبر عن الشيعة. الخطر أن هذا الجزء من التاريخ سوف يعيد نفسه، نظرا لموقف مختلف في البيت الأبيض، مضاد إيران ومن ثم ضد حلفاء طهران هو فرصة لا يمكن التخلص منها، وذلك لأن توازن المنطقة لم يجلس على الرغم من أو يفترض، أو يفترض، النزاع السوري. إن مناورة مجموعة مثل الدولة الإسلامية، التي تتألف من متعصبين كثيرا ما يكرسون للاستشهاد، لا تبدو صعبة للغاية، وأكثر تعقيدا هو معالجة الكوارث المحتملة الناجمة عن دعم محتمل للخلافة.

martedì 30 gennaio 2018

Afghanistan: la pericolosa rivalità tra talebani e Stato islamico

L’evoluzione della situazione afghana pone in rilievo una competizione all’interno del terrorismo islamico, che può concretamente vanificare tutti gli sforzi per dare stabilità al paese. Il progressivo distacco degli Stati Uniti, ha determinato, sopratutto con la presidenza Trump, una diversa tattica per la salvaguardia del governo di Kabul, incentrata quasi esclusivamente sull’opzione militare, che ha preferito privilegiare le operazioni delle forza aerea con bombardamenti, che hanno spesso anche colpito i civili. La scelta della risposta militare ha notevolmente ridotto gli interventi umanitari, che avevano come scopo quello di accreditare presso la popolazione locale il governo centrale ed i suoi alleati stranieri. Ciò ha contribuito ad una diminuzione di fiducia e di consenso presso le autorità di Kabul, che ha favorito il crescente inserimento dei talebani come soggetto politico. L’intenzione dei talebani è quella di diventare una forza politica riconosciuta all’interno del processo di pacificazione nazionale, grazie anche alla componente tribale, la cui rilevanza dovrebbe essere la base per l’accredito nelle trattative con il governo. Tuttavia, se da un lato, diversi settori politici afghani si sono detti favorevoli ad una soluzione che potesse comprendere i gruppi talebani al tavolo delle trattative, le offerte fatte sono state giudicate insufficienti, anche per la contrarietà statunitense, orientamento già intrapreso con la presidenza Obama. La strategia dei gruppi talebani è così diventata quella di fare mancare la percezione della legittimità del governo centrale, creando instabilità con attentati, che, all’inizio erano mirati contro installazioni militari o governative e che non dovevano coinvolgere i civili. Nel contempo, però, l’ingresso di miliziani dello Stato islamico provenienti dalle province pakistane confinanti con il paese afghano, ha creato una situazione inedita, che ha avuto il risultato di cambiare le modalità terroristiche dei talebani. Gli obiettivi degli uomini del califfato, almeno per il momento, non sembrano avere un orizzonte politico ben definito o paragonabile alle ambizioni dei talebani, la percezione è che intendano fare dell’Afghanistan una sorta di campo di addestramento dove raccogliere i miliziani fuggiti dal territorio dove veniva esercitata la sovranità dello Stato islamico ed, allo stesso tempo, quello di reclutare gli afghani più radicalizzati.  A differenza dei talebani, il califfato sembra avere focalizzato la propria attenzione sulla capitale Kabul, con attentati tipici del terrorismo che venivano eseguiti, ad esempio in Irak, prima dell’affermazione dello Stato islamico e che sono ripresi dopo la sconfitta militare del califfato. Si tratta di atti terroristici particolarmente violenti, praticati spesso da kamikaze, che colpiscono luoghi frequentati dalla popolazione locale o da stranieri e che devono avere una grande risonanza mediatica. Per competere su questo terreno i talebani hanno dovuto adeguarsi a queste tecniche terroristiche per contenere l’ascesa mediatica delle milizie del califfato presenti nel paese; lo Stato islamico ha individuato una parte della popolazione, quella più radicale, che non si trova d’accordo con l’intenzione dei talebani di diventare un soggetto politico ufficiale e quindi, seppure tra tutti le distinzioni possibili, collaborare con un governo che fonda la sua esistenza grazie all’intervento esterno. Dal punto di vista internazionale l’ingresso del califfato in Afghanistan ha una valenza molto pericolosa: se, da un lato sembra impossibile la ripetizione di quanto accaduto in Siria ed in Irak, proprio grazie alla presenza dei talebani, esiste la concreta possibilità che alcune parti del paese, le più remote e meno controllate, possano diventare una base dell’integralismo islamico presso cui ricostruire quelle ambizioni di sovranità o, comunque, che diventino il centro da cui inviare il terrorismo in tutto il mondo. La vicinanza con il Pakistan, i cui servizi segreti sono frotemente sospettati di contiguità con il radicalismo islamico, alimenta questo timore. Per una normalizzazione del paese afghano, necessaria alla stabilità regionale, occorre sfruttare questo antagonismo, cercando di integrare il movimento talebano, partendo dalle sue componenti meno estremiste e più ragionevoli, nell’amministrazione del paese: ma ciò è molto difficile perchè la condizione necessaria è che quelli che sono individuati come forza straniera di occupazione lascino il territorio nazionale.  Ciò spaventa la parte della popolazione che è contro l’integralismo e non assicura al governo del paese la sopravvivenza, l’unica soluzione, purtroppo non certo veloce, è la riapertura di negoziati che abbiano come punto di partenza maggiori concessioni ai talebani e la ricerca di punti di contatto comuni. Nel mentre l’attività principale delle forze armate afghane dei suoi alleati sarà quella di cercare di sventare più attentati possibili.

Afghanistan: the dangerous rivalry between the Taliban and the Islamic State

The evolution of the Afghan situation highlights a competition within Islamic terrorism, which can concretely undermine all efforts to stabilize the country. The progressive separation of the United States, determined, especially with the Trump presidency, a different tactic for the protection of the Kabul government, focused almost exclusively on the military option, which preferred to favor the operations of the air force with bombings, which often even hit civilians. The choice of military response has greatly reduced humanitarian interventions, which aimed to accredit the central government and its foreign allies with the local population. This contributed to a decrease in trust and consensus among the Kabul authorities, which encouraged the growing inclusion of the Taliban as a political subject. The intention of the Taliban is to become a recognized political force within the process of national pacification, thanks also to the tribal component, whose relevance should be the basis for accreditation in negotiations with the government. However, while on the one hand, several Afghan political sectors said they were in favor of a solution that could include the Taliban groups at the negotiating table, the offers made were considered insufficient, partly because of the US opposition, an orientation already taken with the Obama presidency . The strategy of the Taliban groups has thus become that of missing the perception of the legitimacy of the central government, creating instability with attacks, which were initially targeted against military or government installations and that did not involve civilians. At the same time, however, the entry of militiamen of the Islamic State from the Pakistani provinces bordering the Afghan country, has created an unprecedented situation, which has the result of changing the terrorist modes of the Taliban. The objectives of the men of the caliphate, at least for the moment, do not seem to have a clear political horizon or comparable to the ambitions of the Taliban, the perception is that they intend to make Afghanistan a sort of training camp where to collect the militiamen who fled from the territory where the sovereignty of the Islamic State was exercised and, at the same time, that of recruiting the most radicalized Afghans. Unlike the Taliban, the caliphate seems to have focused its attention on the capital Kabul, with attacks typical of terrorism that were carried out, for example in Iraq, before the assertion of the Islamic State and which resumed after the military defeat of the caliphate. These are particularly violent acts of terrorism, often practiced by kamikaze, which affect places frequented by the local population or foreigners and which must have a great media coverage. To compete on this ground the Taliban had to adapt to these terrorist techniques to contain the media rise of the caliphate militias in the country; the Islamic State has identified a part of the population, the most radical, which does not agree with the intention of the Taliban to become an official political subject and therefore, although among all the possible distinctions, collaborate with a government that bases the its existence thanks to external intervention. From an international point of view the entry of the caliphate in Afghanistan has a very dangerous value: if, on the one hand, it seems impossible to repeat what happened in Syria and in Iraq, thanks to the presence of the Taliban, there is the concrete possibility that some parts of the country, the most remote and least controlled, can become a basis of Islamic fundamentalism in which to rebuild those ambitions of sovereignty or, however, that become the center from which to send terrorism throughout the world. The proximity to Pakistan, whose secret services are frivolously suspected of being linked to Islamic radicalism, fuels this fear. For a normalization of the Afghan country, necessary for regional stability, this antagonism must be exploited, trying to integrate the Taliban movement, starting from its less extremist and more reasonable components, into the administration of the country: but this is very difficult because the necessary condition is that those who are identified as a foreign occupation force leave the national territory. This scares the part of the population that is against the fundamentalism and does not guarantee the survival of the country, the only solution, unfortunately not fast, is the reopening of negotiations that have as a starting point more concessions to the Taliban and the research of common contact points. Meanwhile, the main activity of the Afghan armed forces of its allies will be to try to stop as many attacks as possible.

Afganistán: la peligrosa rivalidad entre los talibanes y el Estado islámico

La evolución de la situación afgana pone de relieve una competencia dentro del terrorismo islámico, que puede socavar concretamente todos los esfuerzos para estabilizar el país. La separación gradual de los Estados Unidos, ha determinado, sobre todo con la presidencia Trump, una táctica diferente para la protección del gobierno de Kabul, centrado casi exclusivamente en la opción militar, que prefiere a favorecer las operaciones de los bombardeos de la fuerza aérea, que tienen a menudo incluso golpear a civiles. La elección de la respuesta militar ha reducido en gran medida las intervenciones humanitarias, que tenían como objetivo acreditar al gobierno central y sus aliados extranjeros con la población local. Esto contribuyó a una disminución de la confianza y el consenso entre las autoridades de Kabul, lo que alentó la creciente inclusión de los talibanes como un tema político. La intención de los talibanes es convertirse en una fuerza política reconocida en el proceso de reconciliación nacional, gracias al componente tribal, la importancia de lo que debe ser la base para su abono en las negociaciones con el gobierno. Sin embargo, si por una parte, varios sectores políticos afganos estaban a favor de una solución que incluya a los grupos talibanes a la mesa de negociación, las ofertas fueron consideradas demasiado pequeña, incluso para la oposición de Estados Unidos, ya realizada de orientación con la presidencia de Obama . Así pues, la estrategia de los grupos talibanes se ha convertido en el de perder la percepción de legitimidad del gobierno central, creando inestabilidad y los ataques, que fueron dirigidos inicialmente a las instalaciones militares o del gobierno y que no debe afectar a la población civil. Al mismo tiempo, sin embargo, la entrada de militantes del estado islámico de las provincias paquistaníes vecinos con el país de Afganistán, ha creado una nueva situación, que ha tenido el resultado de cambiar el modo del terrorista talibán. Los objetivos de los hombres del califato, al menos por el momento, parecen tener un horizonte político bien definido o comparables a las ambiciones de los talibanes, la percepción tiene la intención de convertir Afganistán en una especie de campo de entrenamiento donde reunir la milicia huyó del territorio donde se ejerció la soberanía del Estado islámico y, al mismo tiempo, la de reclutar a los afganos más radicalizados. A diferencia de los talibanes, el califato parece haber centrado su atención en la capital, Kabul, con ataques típicos de terrorismo que se hicieron, por ejemplo en Irak, la primera afirmación del Estado islámico y se reanuda después de la derrota militar del califato. Es particularmente violentos actos terroristas, que se practica a menudo por suicidas, los lugares frecuentados por los locales o extranjeros que golpea y que deben tener una gran cobertura de los medios. Para competir en este terreno, los talibanes han tenido que adaptarse a estas técnicas terroristas para contener el ascenso de las milicias de los medios Califato en el país; el estado islámico ha identificado una parte de la población, la más radical, que no está de acuerdo con la intención de los talibanes para convertirse en un partido político oficial y luego, incluso entre todas las posibles distinciones, colaborar con un gobierno que las bases su existencia gracias a la intervención externa. Desde el punto de vista internacional, la entrada del califato en Afganistán un significado muy peligroso, mientras que, por un lado, parece imposible la repetición de lo que ocurrió en Siria e Irak, gracias a la presencia de los talibanes, existe la posibilidad real de que algunas partes el país, la más remota y menos controlada, puede convertirse en una base del fundamentalismo islámico a partir del cual reconstruir esas ambiciones o la soberanía, sin embargo, se convierten en el centro desde el que enviar el terrorismo en todo el mundo. La proximidad a Pakistán, cuyos servicios secretos son sospechados frívolamente de estar vinculados al radicalismo islámico, alimenta este temor. Para una normalización del país de Afganistán, necesaria para la estabilidad regional, hay que aprovechar de este antagonismo, tratando de integrar el movimiento talibán, a partir de sus componentes menos extremas y más razonables, en la administración del país, pero esto es muy difícil, ya que es la condición necesaria que aquellos que son identificados como una fuerza de ocupación extranjera abandonen el territorio nacional. Esto asusta a la parte de la población que está en contra el fundamentalismo y el país no asegura la supervivencia del gobierno, la única solución, por desgracia, sin duda no es rápido, es la reapertura de las negociaciones que tienen como punto de partida para más concesiones a los talibanes y la investigación de puntos de contacto comunes. Mientras tanto, la principal actividad de las fuerzas armadas afganas de sus aliados será tratar de detener tantos ataques como sea posible.