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lunedì 9 aprile 2018

Sulla Siria, Trump accusa Putin

L’attacco di Assad, con armi chimiche, contro la popolazione inerme, che vive nella zona vicino a Damasco controllata dai ribelli, ha evidenziato, ancora una volta la violenza di Damasco, perpetrata al di fuori delle convenzioni internazionali. Sul piano politico la conseguenza più rilevante è rappresentata dalla reazione del presidente americano, Trump, che ha accusato esplicitamente Putin, e quindi la Russia, di essere responsabile del massacro perchè ha protetto il dittatore di Damasco. Si tratta della prima volta in cui Trump attacca in maniera personale, fatto che fino ad ora non era mai accaduto. L’accusa rivolta direttamente al capo del Cremlino costituisce una novità nei rapporti tra le due personalità politiche, che, nonostante i rapporti non certo ottimi tra Russia e Stati Uniti, hanno sempre evitato di coinvolgersi direttamente in schermaglie politiche. Anche se episodi del genere erano già, purtroppo accaduti, Trump aveva sempre preservato Putin da attacchi diretti, atteggiamento che era stato spiegato dagli analisti con le affinità che i due personaggi hanno in comune. L’attacco diretto di Trump può significare che il presidente statunitense è stato costretto dal mondo diplomatico e militare statunitense a rimarcare una distanza da Putin, sia per i modi utilizzati, sia per preparare l’opinione pubblica mondiale ad un confronto nel quale gli Stati Uniti potrebbero essere impegnati in prima persona. Tuttavia sembra difficile che questa eventualità diventi concreta: Trump non vuole essere coinvolto in un conflitto pericoloso e potrebbe fatto queste dichiarazioni per  evitare che una mancata presa di posizione sull’accaduto potesse nuocere al prestigio americano. Non è casuale infatti che l’attuale inquilino della Casa Bianca abbia addossato la colpa della situazione alla gestione di Obama, che non ha agito contro Assad, quando questi usò gli armamenti chimici, già all’inizio della crisi siriana. Trump ha minacciato di colpire la Siria in risposta all’uso di armi chimiche, si tratterebbe del secondo caso, dopo quanto già avvenuto nell’Aprile del 2017, proprio in conseguenza dell’uso di armi chimiche contro civili. Per ora, come confermato dai militari americani, ogni opzione è in fase di valutazione. Esiste, però una possibile altra ragione, non per forza di cose alternativa a quella precedentemente illustrata, ma complementare ad essa, circa le cause dell’attacco diretto al presidente Putin. La gravità dell’attacco e le sue modalità rendono giustificato l’attacco frontale a Putin, che si verifica anche in un momento di difficoltà di Trump per il possibile coinvolgimento russo nella sua elezione. Visto che i rapporti tra USA e Russia sono difficilmente migliorabili ed è certamente impossibile che possano arrivare ad una collaborazione come auspicato da Trump e Putin, prima ed immediatamente dopo l’elezione di Trump, il capo della Casa Bianca potrebbe avere definitivamente sacrificato i rapporti con il suo omologo russo, per conquistare una posizione di contrasto che lo renda meno vulnerabile, sul piano politico, da parte dell’inchiesta federale sull’ingerenza russa durante le elezioni presidenziali. Se l’ipotesi fosse vera, sarebbe il segnale che Trump potrebbe essere in grosse difficoltà, ma anche che potrebbe usare a suo vantaggio ogni occasione proveniente dalla politica internazionale; d’altro canto ormai il rapporto con Putin pare irrimediabilmente compromesso ed esaltare la contrapposizione tra i due potrebbe permettere anche  di guadagnare consensi dentro all’amministrazione della Casa Bianca, anche in quei settori finora più restii.

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